Introduzione

Non restiamo a guardare

Chiudete gli occhi e provate a ricordare come eravate da bambini, com’era la vostra infanzia. Molti ricorderanno immagini di gioia e felicità, altri avranno ricordi più difficili, fatti di dolori e difficoltà.

Ora fate uno sforzo di immaginazione e provate a sognare l’infanzia di Kahled, 12 anni, che vive a pochi chilometri da Kabul. Suo padre è morto e lui è il più grande di otto figli. La madre non lavora e non sa come sfamare i suoi fratelli. Durante il Ramadan, la sera, potevano mangiare solo un pezzo di pane da dividersi, perché non avevano altro. Kahled ha cominciato a lavorare come facchino e guadagna 0,72 dollari al giorno, e questo gli fa sperare che potrà aiutare sua madre a nutrire i suoi fratelli.

E adesso tocca a Maria, vive alla periferia estrema di Roma, con sua madre. Anche suo padre è morto e loro due da sole fanno fatica a mantenersi. Lei ha 16 anni, frequenta la scuola superiore e non esce con i suoi amici, perché non può permettersi di mangiare fuori o di andare al cinema con loro. I pochi soldi che hanno, lei e sua madre, li usano per mangiare, pagare le bollette, i suoi libri e il materiale per la scuola.

Kahled e Maria. Non sono i loro veri nomi, ma sono bambini che esistono davvero e che Save the Children ha incontrato nei propri interventi sul campo.

Povertà, diseguaglianze sociali, fame, violenze, conflitti, cambiamenti climatici. Sono queste le sfide che oggi più che mai segnano il presente e soprattutto il futuro dell’infanzia in tutto il mondo e sono queste le sfide contro le quali abbiamo continuato a lottare anche nel 2023.

Tantissimi bambini in Italia e nel mondo sono privati dei loro diritti fondamentali. Ogni giorno questi bambini ci guardano e si aspettano che noi, gli adulti intorno a loro, non assistiamo indifferenti allo scorrere del tempo, ma ci mettiamo in gioco per offrire loro opportunità e futuro. Ci guardano, perché nell’attesa di diventare grandi anche loro, pretendono di avere la possibilità di riscattare il loro presente. Troppo spesso però è l’indifferenza che domina, con il ritornello ormai abusato di “troppi problemi, troppo complessi” e “ci penserà qualcun altro”. E così Kahled e Maria perdono la loro infanzia, il loro presente e il loro futuro.

Il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvagie, ma di quelli che osservano senza fare nulla”. Così, Albert Einstein, ricordava la necessità di non rimanere a guardare ed è questo che anche in un anno tanto difficile, come Save the Children, abbiamo fatto. Abbiamo agito, non guardato.

Solo nel 2023 abbiamo supportato 291 progetti in Italia e nel mondo, contribuito a rispondere a 131 emergenze umanitarie e a sostenere 47,4 milioni di bambini nel mondo, di cui oltre 130 mila bambini e adolescenti in Italia. Lo abbiamo fatto da soli? Assolutamente no. Siamo stati sostenuti dai nostri donatori, volontari, partner. Singole persone, aziende ed istituzioni che ci hanno permesso di raccogliere 161,6 milioni di euro e ci hanno dato la responsabilità più grande: investirli nell’infanzia per migliorare concretamente la condizione dei bambini. Ci hanno chiesto di usarli al meglio e di far vedere dove e come vengono spesi: l’81,1% dei fondi è stato destinato ad interventi sul campo, perché, se non possiamo cambiare la storia di tutti, noi cambiamo la storia di molti. E accanto agli interventi più concreti non abbiamo mai smesso di chiedere a gran voce, a tutti i livelli, che i diritti dei bambini vengano garantiti.

La nostra azione di denuncia e di advocacy è continuata sia a livello nazionale che internazionale e anche le attività e le campagne di sensibilizzazione verso l’opinione pubblica sono state costruite per non rimanere indifferenti di fronte alle continue violazioni dei diritti dei bambini.

Eglantyne Jebb, la nostra fondatrice, diceva che esiste un unico linguaggio universale, il pianto di un bambino.

Nel 2023, nei dieci Paesi del mondo che affrontano le peggiori crisi alimentari, il numero dei bambini precipitati nel baratro della fame ha registrato un aumento del 32% rispetto al 2022. Sempre nello stesso anno, ogni giorno circa 29 mila bambini sono stati costretti a lasciare le proprie case nei 10 scenari delle più gravi crisi mondiali, per un totale di oltre 10,5 milioni, portando così il numero globale dei bambini sfollati a 50 milioni. Sono proprio i conflitti che affliggono la vita di 1 bambino su 6 al mondo.

Se tutto questo è ciò che accade nel mondo oggi, in Italia, più di un milione di minorenni vivono in condizioni di povertà assoluta, non disponendo dei beni e servizi per una vita dignitosa, mentre la percentuale di dispersione scolastica si attesta all’11,5%, con gravi disuguaglianze territoriali.

Noi non siamo indifferenti al loro pianto. Ma soprattutto siamo contagiati dai loro talenti, dalla loro energia, dalla loro partecipazione. Perché i bambini e le bambine sono protagonisti del loro stesso cambiamento, se viene data loro l’opportunità.

Le sfide sono tante e complesse, ma questo ci porta a dire solo una cosa: faremo di più e meglio. Ingaggiando sostenitori e partner in una crescita sostenibile. Lavorando a fianco delle istituzioni e delle aziende per portare su scala le soluzioni innovative. Sostenendo i territori e gli ecosistemi locali che sono una forza propulsiva di cambiamento. Affiancando i minori più vulnerabili nel reclamare il loro diritto ad un presente e futuro pieno di possibilità. E continueremo a fare nostre le parole del Presidente Mattarella “Non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione. O dall’indifferenza. Non dobbiamo chiuderci in noi stessi per timore che le impetuose novità che abbiamo davanti portino soltanto pericoli. Partecipare significa farsi carico della propria comunità. Ciascuno per la sua parte. Ci dicono che uniti, siamo forti.”

Le sfide che abbiamo di fronte sono sempre più grandi e difficili e in quelle sfide ci sono loro, Kahled e Maria. La loro vita non è immaginaria, loro sono reali. E noi non possiamo rimanere a guardarli. Nessuno può restare a guardare. Uniti, siamo forti.