Il protagonismo dei giovani
Hannah
Si fa sempre un passo alla volta. Se davvero esistesse qualcosa di impossibile, io ora non sarei qui a raccontare questa storia.
Un passo alla volta, l’impossibile può diventare possibile.
Questa è la mia storia, ma è anche la storia di tante altre ragazze, donne che conosco e ho conosciuto nella mia vita e durante la strada. La racconto perché voglio sia uno strumento e una testimonianza, per riconoscere che ciò che sembra difficile non è impossibile.
Se penso a quando me ne stavo sul patio del ristorante di mia madre a giocare e guardare la tv, tutto quello che è successo, tutto quello che può accadere ed essere qui oggi mi sembra impossibile.
Eppure la mia vita, quella che vivevo quando ero in Nigeria, è cambiata in pochissimo tempo e tutto quello che era il mio mondo, in cui ero cresciuta, è andato improvvisamente in pezzi.
Quando ho perso mia madre e sono stata costretta a trasferirmi da mio padre, il mio cuore era distrutto: ho provato a vivere lì, a dare una mano a portare avanti la famiglia; davo lezioni private perché mi piaceva insegnare, però non era la vita che desideravo e sognavo qualcosa di diverso. La convivenza con mio padre non è andata bene e improvvisamente mi sono ritrovata senza casa e senza una famiglia.
Durante questo periodo ho incontrato un ragazzo che mi ha parlato dell’Europa e mi ha detto che potevo anche io raggiungere un posto dove stare bene, costruire la mia nuova vita. Sembrava impossibile, ma non avevo altre possibilità nel mio paese e allora sono partita.
Ho creduto alla promessa di quel ragazzo di poter venire qui, avere un lavoro, guadagnarmi da vivere e ricominciare, ma mi aveva mentito. Mi ha venduta a dei trafficanti e il viaggio che pensavo che in poche settimane mi avrebbe portato in Europa, è durato due anni. Ho attraversato il deserto, a piedi, caldo di giorno e freddo di notte, senza mangiare, pregando per cercare di non sentire la fame.
Due anni di violenze, maltrattamenti e abusi, in cui sono rimasta prigioniera in Libia in attesa di poter attraversare il mare.
Molte volte mi sono chiesta se ce l’avrei fatta, se quel sogno di arrivare in Europa sarebbe rimasto solo un sogno, mentre la mia vita continuava ad essere un incubo ogni giorno.
Sembrava impossibile.
Poi un giorno veniamo ammassati su un furgone, non possiamo vedere fuori e nessuno può vedere noi e quando ci fanno scendere vediamo il mare.
Per molti giorni la nostra casa, il nostro letto, è stata una stanza senza tetto. Eravamo più di cento persone in un gommone in balia del mare agitato: ho pregato perché avevo paura che non ce l’avremmo fatta. Anche in quel momento ho pensato che sarebbe stato impossibile riuscire a sopravvivere.
E invece anche l’impossibile può diventare possibile. Il 27 maggio 2018 ho toccato la terra siciliana, l’Italia, l’Europa. Non me lo dimenticherò mai quel giorno. Non capivo la lingua, ma dopo anni in cui tutti mi davano ordini violenti, in cui sentivo solo il suono cattivo di parole che mi aggredivano, per la prima volta intorno a me ho ascoltato voci che mi dicevano che potevo stare tranquilla, che ero al sicuro, che non dovevo più avere paura.
A Catania, al centro Civico Zero di Save the Children, dal primo momento in cui sono entrata mi sono sentita a casa e accolta. Ricordo che la prima cosa che la coordinatrice mi ha chiesto era quale fosse il mio sogno, io ho detto che volevo scrivere un libro e loro mi hanno detto che l’avremmo fatto insieme.
Lì, in quel momento, ho incontrato una famiglia, ho vissuto in un posto che ho sentito da subito come casa, sono cresciuta, ho imparato tante cose di me stessa, ho sentito la possibilità vera di realizzare i miei desideri.
Volevo riprendere a studiare: il viaggio più lungo inizia con un passo. Si fa sempre un passo alla volta.
È un passo alla volta che sono arrivata qui oggi. Studio al Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico a Duino: non è facile per me, ma un passo alla volta sono arrivata qui e voglio andare ancora avanti.
Nessun sogno è davvero impossibile da realizzare, se lo si vuole e ci si impegna per farlo: vorrei studiare relazioni internazionali, dare il mio contributo per un mondo di pace. Perché nessun bambino o bambina, siano più costretti a dover lasciare la propria casa e subire violenze e maltrattamenti e possa nascere e vivere una vita dignitosa e realizzare i propri sogni dove desidera.
Se davvero esistesse qualcosa di impossibile, io ora non sarei qui a raccontare questa storia.
Un passo alla volta, con coraggio, anche l’impossibile può diventare possibile.
Fatun
Vi ringrazio veramente di cuore per esservi presi cura della mia sorellina quando era malata. Adesso Fatima sta bene!
Fatun, 10 anni, e la sua piccola sorellina Fatima (nome di invenzione per proteggere l’identità delle bambine) di 4 anni, vivono ogni momento insieme.
Tuttavia, nel 2019 con l’avvento della siccità in Somalia, la situazione per loro due si complica molto. Avevano delle capre, ma come ha spiegato Fatun, a causa della mancanza di piogge moltissimi capi di bestiame sono morti e la famiglia si è ritrovata priva della sua principale fonte di guadagno, generata dall’allevamento e dal ricavato della vendita di latte e capre. Questo voleva dire non avere più la disponibilità economica per acquistare cibo.
A causa di questa situazione, la piccola Fatima si è ammalata, iniziando a soffrire di malnutrizione acuta. Fatun, nonostante la sua giovane età, è sempre stata vicina alla sorellina, dedicandosi a lei come meglio poteva anche quando Fatima ha iniziato a dimagrire molto e ad avere sintomi gravi come diarrea e vomito costanti che hanno reso necessario il ricovero in un ospedale supportato da Save the Children. Quando la bambina è arrivata all’ospedale le hanno somministrato fluidi via endovena, latte e cibo con alto valore nutritivo a base di arachidi per aiutarla ad acquisire peso e a riprendersi.
Oggi Fatima è una bimba in salute, che gioca e scherza con sua sorella.
Fatun può finalmente rilassarsi e focalizzarsi sul suo futuro, e ci confessa che quando finirà i suoi studi vorrebbe diventare un’insegnante.
Sofia
Sei anni non possono più essere considerati come futuro. Sei anni sono il presente, il nostro presente.
6 anni per salvare il pianeta. Ora o mai più
Sofia, è un'attivista del Movimento Giovani per Save the Children da quando aveva 19 anni. È cresciuta a Pescara e sta studiando per diventare Project Manager in Operazioni Umanitarie in Emergenza.
Appassionata di comunicazione, giornalismo e social media, dopo un percorso di capacity building e formazione, ha portato la voce e le istanze dei giovani sul tema della crisi climatica alla COP27 di Sharm el Sheikh, chiedendo a gran voce che la partecipazione dei ragazzi e delle ragazze ai processi decisionali sia sempre più inclusiva e significativa. Durante la COP27 a Sharm el-Sheikh, nel padiglione “Youth and Children” c’era un countdown che segnava il numero 6. Si tratta del climate clock, un orologio che indica quanti anni, giorni, ore e minuti l’umanità ha ancora a disposizione prima di una catastrofe climatica irreversibile. È lo stesso orologio che da anni torreggia su Union Square a New York.
Aleksandr
Sono molto contento, perchè la prima cosa che faccio ovunque io vada è di guardare se c'è un pianoforte.
La felicità nei tasti di un pianoforte
Aleksandr con la madre ha lasciato l’Ucraina il 1° marzo 2022, attraversando il confine con la Moldavia. Si sono poi spostati in Polonia, passando per l’Ungheria e la Slovacchia. Mentre cercavano un alloggio a Cracovia, la madre di Aleksandr ha letto un annuncio che offriva la possibilità per tre rifugiati ucraini di fruire di un passaggio in macchina per Roma. Così hanno deciso di partire. Una volta arrivati a Roma, sono stati ospitati prima da una famiglia e poi, visto che le speranze di rientrare in Ucraina diminuivano di giorno in giorno, alla fine di maggio si sono trasferiti all’Hotel Città 2000 dove sono stati accolti e supportati dal team di Save the Children. E proprio grazie al supporto di Save the Children, Aleksandr ha potuto riprendere a coltivare la passione che ha sempre avuto, fin da bambino: suonare il pianoforte. Passione iniziata nel 2012 con le prime lezioni e praticata fino a quando Aleksandr ha lasciato la sua città e lo strumento per iscriversi nel 2021 alla facoltà d’Informatica presso l’Università a Kiev, ritenendola una scelta più utile per il suo futuro. Con l’avvento del Covid19 e della didattica da remoto, Aleksandr, tornato a casa, ha potuto dedicarsi nuovamente alla sua passione, fino a quando non è scoppiata la guerra. Ma ora, grazie a Save the Children il ragazzo non solo ha iniziato a frequentare un corso di pianoforte ma gli è stata anche regalata una pianola.
Lorenzo
Quello che chiedo agli adulti è che possano supportare i giovani con azioni concrete perché tutti i ragazzi hanno il diritto di sviluppare i propri talenti e seguire le proprie passioni.
Lorenzo, 20 anni, frequenta il Punto Luce di Genova da quando ne aveva 11. Inizialmente era un bambino timido ed insicuro. Quando si è iscritto all’Istituto tecnico non riusciva a socializzare con i compagni e a far emergere le sue qualità. Durante il secondo anno, ha perso il padre e la madre è caduta in depressione.
Per lui è stato un periodo complesso ed è stato bocciato. Ha continuato a frequentare il Punto Luce e le sue attività e ha stretto legami significativi con coetanei e con gli educatori che lo hanno spronato nel trovare una nuova strada, coinvolgendolo in attività di peer tutoring, teatro ed iniziative di riqualificazione del quartiere.
Lorenzo ha scoperto di essere bravo nel supportare i bambini più piccoli e nel parlare in pubblico.
Grazie al Punto Luce ha deciso di cambiare percorso di studi e di iscriversi al liceo psicopedagogico.
Oggi Lorenzo è diventato un ragazzo estroverso e sempre in prima linea.
Con l’attivazione del gruppo SottoSopra a Genova, spronato dagli educatori ad essere uno dei fondatori sin da subito, si è cimentato nella leadership del Movimento Giovani per Save the Children. Inoltre, ha deciso di iscriversi all’Università di Scienze della Comunicazione a Torino, con il sogno di aprire un’agenzia tutta sua.
Federico
È necessario investire risorse ad hoc anche per far fiorire il capitale umano giovanile.
Attivismo e informazione: essere un giovane reporter di Change the Future
Federico, è un giovane reporter romano di Change the Future, la redazione under25 gestita dai ragazzi e dalle ragazze del Movimento giovani per Save the Children. Federico fa parte della redazione fin dalla nascita del progetto, nel 2019, ed è inoltre portavoce del Movimento Giovani nel Gruppo di lavoro trasversale “Organizzazioni Giovanili”. Oltre che la comunicazione, leggere e correre sono le altre sue grandi passioni.
Per Federico fare attivismo attraverso l’informazione significa offrire agli altri una prospettiva sulla realtà così da aiutare le persone e, i più giovani in particolare, ad avere gli strumenti necessari per potersi formare un’opinione.
Con Change the Future, Federico ha inoltre partecipato ed è intervenuto al Festival dello Sviluppo Sostenibile, evento nazionale Goal 4 dedicato all’Istruzione di qualità. Quella è stata secondo lui un’occasione per riflettere sul ruolo centrale dell’educazione nella transizione sostenibile e su come sia necessario vivere il presente senza compromettere il futuro delle prossime generazioni. Queste sono state le sue riflessioni al riguardo: “Se da un lato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza abbraccia i temi dell’inclusione sociale, della digitalizzazione e della transizione ecologica che daranno forma al mondo che la nostra generazione vivrà, dall’altro lato credo sia necessario investire risorse ad hoc anche per far fiorire il capitale umano giovanile, prospettiva che dovrebbe essere centrale nel PNRR.”